Per volontà dei genitori Adelaide sposò il siracusano Giuseppe Cortada. Ella non manifestò mai il suo consenso al matrimonio; la sorella Maria, a tal riguardo, così si espresse:
«i nostri genitori acconsentirono alla richiesta del Cortada ma Adelaide fu ostilmente contraria; a seguito però delle continue insistenze, finì per cedere e per obbedienza consentì alle nozze».
Anche il suocero, Alfredo Cortada, scrisse che
«se Adelaide passò a marito fu esclusivamente per la di lei soverchia condiscendenza e cieca obbedienza ai genitori».
Il matrimonio fu celebrato nella Chiesa di San Giovanni Battista all’Immacolata l’11 Giugno 1910. Durò otto anni e mezzo e da esso nacquero tre figli: Lucia, che morì appena nata, l’11 marzo 1911; Alfredo, ucciso a Torino all’età di trentuno anni, nel 1944; Maria nata il 15 marzo 1915 e morta il 6 luglio dello stesso anno.
Riguardo ai rapporti che Adelaide ebbe con il marito, occorre sottolineare che quest’ultimo lamentò spesso il fastidio di non avere le attenzioni che desiderava dalla moglie; egli lamentava il fatto che nel matrimonio trovava sempre la sua sposa assente e aveva un corpo morto nelle mani.
Adelaide visse gli anni del suo matrimonio con rassegnazione, cercando di conciliare sempre i suoi doveri di moglie e madre con la sua vocazione di essere sposa di Cristo; ella si affidò completamente alla volontà di Dio, mantenendo sempre la verginità dell’anima.
Il giorno della morte del marito Adelaide era sola in casa e, accorgendosi che lo sposo stava per spirare, s’inginocchiò e cominciò a recitare l’Ave Maria raccomandandone l’anima alla Madonna. Qualche tempo dopo il marito le venne in sogno ringraziandola per le preghiere da lei recitate al suo capezzale che gli avevano evitato l’assalto di molti demoni e grazie alle quali si trovava, invece, in purgatorio.
Gli anni del matrimonio e della vedovanza, delle gioie e dei dolori della maternità, vennero vissuti da Adelaide senza discostarsi mai dall’intimo desiderio di donare la propria vita a Gesù.
Nella vedovanza Adelaide s’intrattenne con maggiore assiduità e intensità nei momenti di estasi mistica; in quegli anni maturò più fortemente in lei la vocazione alla vita monacale. Da quel momento ogni istante libero della sua giornata lo trascorse nella preghiera; spesso le capitava che, mentre si trovava in chiesa, dopo aver preso la Comunione, entrava in estasi per lungo tempo; resasi conto che ciò era notato dai fedeli e non volendo essere oggetto di curiosità, non intendendo rivelare ad alcuno questi doni divini, prese l’abitudine di uscire frettolosamente dalla chiesa dopo aver ricevuto l’eucaristia; per questo motivo il sacerdote della chiesa di San Martino affermò che fosse pazza.