Suor Chiara ha attraversato con grande semplicità tutte le fasi della sua vita affrontando grandi sofferenze pur sempre con serafica gioia. Il desiderio di donarsi a Dio la portò a rinunciare al suo ruolo di madre. Eppure amò profondamente il figlio Alfredo pur cercando di contenere il suo sentimento affettivo in modo che esso non superasse quello per Dio, mortificando e soffocando il trasporto materno.
La Chiesa ricorda altri esempi di donne che, rimaste vedove e con figli, hanno attuato delle scelte radicali per vivere alla sequela di Cristo. Poco conosciuta ma simile per alcuni aspetti alla storia di suor Chiara è quella di santa Maria dell’Incarnazione (Marie Guyart 1599-1672). Costretta dai genitori al matrimonio, rimase presto vedova e con un figlio. Divenuta orsolina, scriveva al figlio Claudio:
«In verità figlio mio in certo modo avete ragione di lamentarvi di me, per avervi lasciato. E volentieri mi lamenterei anch’io, se mi fosse permesso da Colui ch’è venuto a portare la spada sulla terra, per fare sì strane divisioni. Pur essendo voi l’unico oggetto che mi restava al mondo, dove il cuore mio era attaccato, Egli voleva nondimeno separarci fin da quando voi succhiavate le mie mammelle, ed io lottai per dodici anni. Infine dovetti cedere alla forza dell’Amor divino, e soffrire questo taglio più doloroso di quant’io possa esprimere, e senza che allo stesso tempo mi reputassi infinite volte la più crudele delle madri. Ve ne chiedo perdono, figlio mio carissimo, perché sono stata causa delle molte afflizioni che avete sofferto; ma consoliamoci al pensiero della brevità della vita, e che per misericordia di Dio – che ci ha separato – avremo un’interminabile eternità per consolarci a vicenda».
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