Ci sono cose nella vita che consideriamo ovvie. Ovvie, come il sorgere del sole e il suo tramontare. Ovvie, come la vita e la morte. Eppure, se ci pensiamo bene, di ovvio non c'è nulla. Assistiamo giornalmente a grandi miracoli e li viviamo con ovvietà. Se solo ci soffermassimo per qualche istante a osservare la natura come se la ammirassimo per la prima volta; se riuscissimo a farci sorprendere dall'evento straordinario che si cela nella nascitadi una nuova creatura; se riuscissimo a guardare con occhi nuovi l'intera esistenza umana che, nonostante l'uomo, mantiene da milioni di anni la sua bellezza, allora riusciremmo a vedere dietro ogni cosa la mano divina. E questo dio che nelle diverse parti del mondo, nelle varie religioni esistenti, e nei differenti contesti sociali e culturali, è chiamato in maniera diversa, non può che essere Padre perché, nonostante tutto, continua a prendersi cura dei suoi figli e a inviare suoi messaggeri. Lo ha fatto in passato con i profeti, e ha continuato nei secoli con i santi, i mistici, i veggenti. Eppure noi siamo scettici e preferiamo tapparci occhi e orecchie per non vedere né sentire. Come san Tommaso aspettiamo di poter toccare con mano e concretamente la presenza di Dio o, forse, in cuor nostro preferiamo che ciò non avvenga per non essere costretti a interrogarci sulle nostre debolezze; allora dubitiamo e diffidiamo. Ma Dio è lì che ci attende, con pazienza, pronto a venirci incontro, lui per primo, come il padre alla vista del figliol prodigo.