attualità cattolica

Dal mercoledì delle ceneri alla Resurrezione di Gesù

La Quaresima

deserto

La Quaresima ricorda i 40 giorni di digiuno e tentazioni che Gesù patì nel deserto[1] ed è tempo di penitenza, di preghiera, di purificazione. Inizia con il mercoledì delle ceneri e termina con la celebrazione della Pasqua. In questo particolare momento dell’anno ogni cristiano è invitato a una rinnovata conversione attraverso la penitenza, le privazioni, i gesti di carità.

Il simbolismo del numero 40

Il 40 è un numero fortemente simbolico e ricorre tante volte nella Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento:

  • 40 furono i giorni del diluvio universale
  • 40 i giorni di permanenza di Mosè sul monte Sinai
  • 40 anni il popolo d’Israele peregrinò nel deserto prima di giungere alla terra promessa
  • 40 furoni i giorni che Dio concesse a Ninive per convertirsi
  • 40 giorni Gesù digiunò nel deserto dopo il suo battesimo e prima di iniziare la sua missione pubblica sulla terra.
  • 40 furono i giorni che Gesù trascorse sulla terra dopo la Sua resurrezione e prima di ascendere al cielo.

Il conteggio dei giorni

I 40 giorni si contano a partire dal primo giorno di Quaresima (mercoledì delle ceneri) e fino a Pasqua; ma se, calendario alla mano, contiamo i giorni che ci separano dalla Resurrezione del Signore scopriamo che i conti non tornato. Il motivo sta nel fatto che le domeniche non sono giorni di Quaresima: il periodo di penitenza s’interrompe (o è mitigato) perché la domenica è giorno del Signore in cui si celebra la sua Resurrezione.

Le tre pratiche penitenziali

Preghiera, elemosina e digiuno sono tre pratiche penitenziali che la Liturgia propone ad ogni cristiano per disporlo a celebrare meglio la Pasqua. La Quaresima deve diventare per ogni cristiano un «accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione, morte e risurrezione e ricorda che la vita cristiana è una “via” da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo, da incontrare, da accogliere, da seguire» (Benedetto XVI – 2011).

Digiuno e astinenza dalle carni

La Quaresima è periodo di digiuno e di astinenza dalle carni. Questa pratica penitenziale risale all’Antico Testamento anche se si è maggiormente sviluppata con il monachesimo cristiano: una severa alimentazione aiutava a vincere anche le tentazioni e la concupiscenza della carne, favorendo l’ascesi e il dominio dello spirito sul corpo.  Nel medioevo l'astensione dalla carne era accompagnata anche dall’astensione dai rapporti sessuali[2].

Il digiuno quaresimale va praticato nella giornata del mercoledì delle ceneri e del venerdì Santo, mentre tutti i venerdì fino alla Pasqua ci si astiene dal mangiare carne. È consigliato di osservare il digiuno e l'astinenza anche nel giorno di Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale.

La regola del digiuno

Obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, L'acqua e le medicine si possono assumere liberamente. Al digiuno, tranne in caso di malattia, sono tenuti i fedeli dai diciotto ai sessanta anni.

La regola dell'astinenza dalle carni

Proibisce il consumo di carne (rossa e bianca) tutti i venerdì di Quaresima. Sono da evitare anche cibi e bevande costose. È permesso il consumo di pesce (non costoso), latte e uova. All'astinenza dalla carne sono tenuti i fedeli che hanno compiuto i quattordici anni e sono in buono stato di salute. Il digiuno non è solo astinenza dal cibo, ma anche privazione di tutto quello che ci impedisce di coltivare uno stile di vita più sobrio. A tal proposito la Chiesa consiglia anche altre forme di astensione come, per esempio, dal fumo, dagli alcolici, dal consumismo in genere.

Per saperne di più:

L’elemosina

«Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell'astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati. A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di “misericordia” abbraccia molte opere buone » (San Leone Magno).

Il digiuno quaresimale, da un punto di vista spirituale, ha poco senso se non viene accompagnato dalla  preghiera e dall’elemosina. Ogni privazione dà i suoi frutti se non è finalizzata a se stessa ma se comporta gesti di generosità nei confronti dei poveri e dei bisognosi

La preghiera

La Quaresima è un tempo privilegiato per la preghiera. Sant’Agostino diceva che il digiuno e l’elemosina sono «le due ali della preghiera» che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. Egli affermava:

«In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell'elemosina, nella temperanza e nel perdono delle offese, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace ci ha preceduto».

E san Giovanni Crisostomo esortava:

«Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza».

Quaresima e Battesimo

Da sempre la Chiesa associa la Veglia pasquale alla celebrazione del Battesimo. Fin dalle origini del cristianesimo la Quaresima era il tempo privilegiato per un cammino di conversione che culminava con il Battesimo nel giorno di Pasqua. Nel corso dei secoli questo itinerario di rinnovamento spirituale è stato vissuto da tutti i fedeli, chiamati a conformare sempre più la propria esistenza a Cristo.

I paramenti liturgici

in Quaresima i paramenti liturgici del sacerdote sono viola, colore che sollecita a un sincero cammino di conversione. Durante le celebrazioni, inoltre, per tutto il periodo quaresimale, non si reciterà il “Gloria” e non si canterà “l’Alleluia”.

 


[1] «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame» (Mt 4, 2).

[2] Il digiuno è importante per tutte le religioni monoteiste: i musulmani celebrano il mese di Ramadan e gli ebrei il Kippur.

Il mercoledì delle Ceneri segna l’inizio della Quaresima che terminerà la notte del venerdì Santo. Questo giorno non ricorre mai in una data fissa, ma varia in relazione alla Pasqua che cade ogni anno la domenica dopo la prima luna piena di primavera.

Il mercoledì delle ceneri

Il rito dell’imposizione delle ceneri[1] ci ricorda il destino mortale che accomuna tutti gli uomini. “Polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Genesi 3,19): questa era la formula con la quale, durante la funzione religiosa delle ceneri, il sacerdote ricordava ai fedeli la caducità della vita. Il versetto di Genesi ha un forte richiamo ai primi versetti del Qohelet: è martellante l’appello ad abbandonare tutte le cose inconsistenti che svaniranno «come la nebbiolina dell’alba dissolta dal sole o come una nuvoletta spazzata via dal vento» (G. Ravasi). E il libro conclude con l'esortazione a ricordarsi sempre del Creatore, in ogni momento della vita, soprattutto nella giovinezza … prima che la polvere torni alla terra com’era prima, e lo spirito torni a Dio che l’ha dato (Eccl. 12,7). L’antica formula che il sacerdote recitava durante la funzione del mercoledì d’inizio Quaresima, strettamente legata al gesto di cospargere la ceneri sul capo dei fedeli, è stata sostituita dalla formula "Convertitevi, e credete al Vangelo"(Mc 1,15) che esprime meglio il senso e il valore della Quaresima. La modifica della frase è successiva alla riforma liturgica, voluta dal Concilio Vaticano II.

Ma le ceneri hanno anche altri significati teologici; sono segno della debolezza e fragilità dell’uomo, ma rappresentano anche il pentimento del cristiano che s’impegna ad una conversione seria, attraverso il digiuno e la penitenza.

Il digiuno della Quaresima può avere anche una forte valenza simbolica. In una società che fa del benessere il proprio status, è piuttosto riduttivo pensare al digiuno solo come un'astensione dal cibo e per un periodo estremamente limitato dell'anno;   penso piuttosto che il digiuno "simbolico" debba farci vivere nello e con lo spirito di povertà; debba essere digiuno dal superfluo e dall'opulenza che ci subissa e ci mortifica.

Questa semplice pratica dovrebbe servire per farci amare e apprezzare le cose belle e piccole: le nostre piccole cose di fronte alla grandiosità dell'opera di Dio.

Un buon cristiano non può vivere il digiuno “farisaicamente”, ostentando quasi la propria bontà o sensibilità nei confronti dei fratelli bisognosi. E, soprattutto, non può né deve viverlo solo in Quaresima. Prendere le distanze dal superfluo deve significare anche apertura agli altri 365 giorni l’anno. E digiunare non deve diventare l’occasione per fare una dieta o per risparmiare sulla spesa, il senso deve essere invece quello di rinunciare a qualcosa (che è pur sempre un superfluo) per fare più spazio a Dio e al prossimo.

Origine

ceneriIl rito della benedizione e dell’imposizione delle Ceneri risale al x secolo. La sua origine è da ricercare nell'antica prassi penitenziale che imponeva una confessione pubblica e un cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì Santo. Il passaggio dalla confessione pubblica a quella privata e dalla frequenza con cui anche ora è possibile accostarsi al sacramento della riconciliazione, comportò anche l’estensione del rito a tutti i fedeli per richiamare alla memoria il comune destino mortale causato dal peccato originale

 


[1] Le ceneri sono ricavate bruciando i ramoscelli d’ulivo distribuiti la Domenica delle Palme dell’anno precedente.

Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c'è la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere […] Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall'essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di amore, di vittoria, di trionfo e di vita.

Papa Francesco - Via Crucis con i giovani, XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, 26 luglio 2013.

La Via Crucis

Via Crucis2La Via Crucis[1] è, per noi cattolici, un appuntamento settimanale che si ripete ogni venerdì di Quaresima. Rievoca gli ultimi momenti di vita di Gesù, l'ultimo tratto del suo cammino terreno, dalla consegna della croce alla Sua crocifissione.

Non è semplice stabilire il periodo esatto in cui nacque la devozione popolare della Via Crucis. Già nel II secolo, erano presenti espressioni simili di culto cristiano che si svolgevano nelle zone in cui era stato sepolto Gesù, ma la tradizione della Via Crucis, nel senso attuale del termine, risale, secondo molti storici, al Tardo Medioevo e alla tradizione francescana. 

In origine la Via Crucis comportava l’obbligo di recarsi di persona presso i luoghi del calvario di Cristo; vista la difficoltà per molti fedeli di recarsi in luoghi tanto lontani, si cominciò a rappresentare l’evento all’interno delle chiese attraverso la riproduzione figurata delle diverse stazioni che commemorano il cammino di Gesù verso la Sua passione e morte.

La formazione della Via Crucis si è sviluppata nel corso dei secoli. Originariamente il pio esercizio non aveva un numero definito di stazioni ma tutto era lasciato alla tradizione popolare e si attingeva anche da testi non evangelici. Così è, per esempio, per l’incontro di Gesù con la Madonna e per quello con la Veronica.

La forma attuale, con le 14 stazioni, è attestata in Spagna nella prima metà del secolo XVII. L’autorità ecclesiastica nel 1731 definì il numero delle “stazioni” e il loro contenuto, accogliendo anche gli episodi non presenti nel vangelo ma che facevano comunque parte della tradizione. Dal 1975 si cominciarono a sostituire alcune stazioni con altre che evidenziassero i momenti della Passione di Cristo e che fossero presenti nel vangelo.

Via Crucis francescana (tradizionale) Via Crucis biblica

1. Gesù è flagellato, deriso e condannato a morte
2. Gesù è caricato della croce
3. Gesù cade per la prima volta
4. Gesù incontra sua Madre
5. Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
6. La Veronica asciuga il volto di Gesù
7. Gesù cade per la seconda volta
8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
9. Gesù cade per la terza volta
10. Gesù è spogliato delle vesti
11. Gesù è inchiodato sulla croce
12. Gesù muore in croce
13. Gesù è deposto dalla croce
14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro 

1. Gesù nell'orto degli ulivi (Marco 14,32-36)
2. Gesù, tradito da Giuda, è arrestato (Marco 14,45-46)
3. Gesù è condannato dal sinedrio (Marco 14,55.60-64)
4. Gesù è rinnegato da Pietro (Marco 14,66-72)
5. Gesù è giudicato da Pilato (Marco 15,14-15)
6. Gesù è flagellato e coronato di spine (Marco 15,17-19)
7. Gesù è caricato della croce (Marco 15,20)
8. Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce (Marco 15,21)
9. Gesù incontra le donne di Gerusalemme (Luca 23,27-28)
10. Gesù è crocifisso (Marco 15,24)
11. Gesù promette il suo regno al buon ladrone (Luca 23,39-42)
12. Gesù in croce, la madre e il discepolo (Giovanni 19,26-27)
13. Gesù muore sulla croce (Marco 15,33-39)
14. Gesù è deposto nel sepolcro (Marco 15,40-46)

Nel lungo processo di formazione della Via Crucis, oltre alla diversità e varietà delle stazioni, sono da evidenziare innanzitutto i due diversi momenti che riguardano la prima stazione: la Via Crucis tradizionale inizia con la flagellazione[2] di Gesù mentre quella biblica comincia con la visione di Gesù nell’orto degli ulivi. Nella Via Crucis biblica, inoltre, non figurano le stazioni prive di un preciso riferimento evangelico, quali le tre cadute del Signore (3, 5, 7), l'incontro di Gesù con la Madre (4) e con la Veronica (6). Sono presenti, invece, le stazioni che ricordano l'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi (1), il giudizio di Pilato (5), la promessa del Regno dei cieli al buon ladrone (11), la presenza della Madre e del discepolo presso la Croce (12).

In entrambe le forme, la Via Crucis si conclude comunque con la deposizione di Gesù nel sepolcro.

Come si svolge la Via Crucis

  • Preghiera iniziale
  • Giaculatoria ad ogni stazione
    • “Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo”.
  • Per ognuna delle XIV stazioni è letto il passo del vangelo relativo, accompagnato da canti e momenti di meditazione.
  • La XV stazione è opzionale: Gesù risorge.
    • A volte la Via Crucis viene terminata con una XV stazione, la risurrezione di Gesù. Chi la aggiunge lo fa nella consapevolezza che la preghiera cristiana non può concludersi con la morte di Gesù, ma con la sua resurrezione. La tendenza è però quella di soffermarsi sulla passione e morte di Cristo, accennando eventualmente alla sua resurrezione nella preghiera finale.
  • Preghiera finale

 


[1] La Via Crucis rientra nella categoria dei pii esercizi, azioni di devozione di libera iniziativa dei fedeli. Oltre alla Via Crucis altri esempi di pii esercizi sono il Santo Rosario, i primi Sette Venerdì del mese, l'Adorazione Eucaristica privata ecc.

[2] Durante l'Impero Romano, la flagellazione era normalmente eseguita prima della crocifissione: venivano usate fruste particolari che deturpavano e laceravano gravemente la pelle. I Romani riservavano questa tortura ai non cittadini. Anche la crocifissione era una forma di tortura orribile, riservata, anch’essa, agli stranieri o agli schiavi, ma non a chi avesse la cittadinanza romana.

La Chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell'umana redenzione, dalla Messa vespertina del Giovedì nella Cena del Signore, fino ai Vespri della Domenica di Risurrezione. Questo spazio di tempo è ben chiamato il triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto ed anche Triduo pasquale, perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della Pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la Chiesa attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo Sposo.

Congregazione del Culto Divino

Il Triduo Pasquale

Il Triduo[1] pasquale è per i cristiani il tempo centrale dell'anno liturgico. Esso ha come punto di partenza il venerdì (e non il giovedì che ne è solo l'anticipazione sacramentale con la celebrazione vespertina) e termina con la celebrazione vespertina della domenica di Pasqua.

I misteri pasquali celebrati sono:

  • memoria della morte,
  • sepoltura-discesa agli inferi,
  • resurrezione.

In questi tre giorni ripercorriamo dunque il cammino di Gesù verso la croce per giungere, la domenica di Pasqua, alla celebrazione della la Sua Resurrezione.

Raffaello resurrezione

Celebrazioni

Le celebrazioni principali del Triduo sono:

  • i Vespri del Giovedì Santo e la celebrazione della Messa in Coena Domini;
  • la celebrazione della Passione del Signore del Venerdì Santo;
  • la Veglia Pasquale, celebrata la notte del Sabato Santo;
  • la celebrazione della Pasqua nella giornata di Domenica.

Caratteristica fondamentale delle celebrazioni del Triduo è il silenzio che accompagna l’inizio delle celebrazioni fino alla conclusione, e che le qualifica come un’unica solennità; infatti la messa «In Coena Domini» non termina con la tradizionale formula «ite missa est», cioè «la Messa è finita», ma con il silenzio. Nell’azione liturgica del venerdì non c’è il saluto iniziale col Segno della Croce e termina anch’essa in silenzio, senza il saluto finale. Infine, la solenne veglia del Sabato Santo comincia in silenzio e termina da ultimo con il saluto finale.

GIOVEDI' SANTO. MESSA VESPERTINA IN COENA DOMINI

La lavanda dei piedi e l’istituzione dell’eucarestia.

Anticamente, il Giovedì Santo era l'ultimo giorno di quaresima. Nel vi secolo fu introdotta la commemorazione della Cena del Signore e lentamente questa celebrazione andò acquistando sempre più importanza. La Messa «In Coena Domini» dà il via all’inizio del Triduo pasquale.

Le celebrazioni del Giovedì Santo iniziano con la Messa del Crisma, che si svolge al mattino e che riveste un’importanza notevole soprattutto per i sacerdoti che, durante questa celebrazione, rinnovano le promesse sacerdotali. Durante la funzione vengono anche benedetti gli oli santi.

Nel pomeriggio, con la Messa vespertina “nella Cena del Signore”, iniziano ufficialmente i riti del Triduo Pasquale. Durante questa liturgia si compie il tradizionale rito della “lavanda dei piedi“, e si fa memoria dell’ultima cena di Gesù con l’istituzione dell’eucaristia.

Terminata la Messa vespertina, c'è la spogliazione dell'altare e si porta con solennità il Sacramento all'altare della reposizione. Segue l'adorazione del Sacramento, che di norma si fa seguire fino mezzanotte. Dopo la mezzanotte l’adorazione dovrà essere non solenne perché la Chiesa ricorda il giorno della passione del Signore.

Alle celebrazioni liturgiche pasquali spesso si aggiunge il “giro dei sepolcri”, un evento legato alla devozione popolare. La tradizione vuole che le chiese da visitare siano di numero dispari: da un minimo di tre ad un massimo di sette. La diffusione di questa pratica non dovrebbe però oscurare il valore primario dell’azione liturgica. La Congregazione per il Culto divino nel suo documento per la Preparazione e celebrazione delle feste pasquali del 1988, a tal proposito stabilisce che «il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore».

Meditazione: Iniziamo questo triduo pasquale, soffermandoci su alcune pagine di spiritualità di don Tonino Bello che esprimono bene il senso profondo del cristianesimo.
«Non avevo mai dato troppo peso a quella espressione pronunciata da Gesù dopo che ebbe finito di lavare i piedi ai discepoli: “Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”. Gli uni gli altri. A vicenda, cioè, scambievolmente. Questo vuol dire che la prima attenzione, non tanto in ordine di tempo quanto in ordine di logica, dobbiamo esprimerla all’interno della nostra Chiesa, servendo i fratelli e lasciandoci servire da loro. […] Spendersi per i poveri va bene. Abilitarsi come comunità cristiana a lavare i piedi di coloro che sono esclusi da ogni sistema di sicurezza e che sono emarginati da tutti i banchetti della vita, va meglio. Ma prima ancora dei marocchini, degli handicappati, dei barboni, degli oppressi, ci sono coloro che condividono con noi la casa, la mensa, il tempio, la Parola. Solo quando hanno asciugato le caviglie dei fratelli, le nostre mani potranno fare miracoli sui polpacci degli altri senza graffiarli. […] Perché se il marito smania di lavare i piedi ai tossici, la moglie si vanta di servire gli anziani e la figlia maggiore fa ferro e fuoco per andare nel Terzo Mondo come volontaria, ma poi tutti e tre non si guardano in faccia quando stanno in casa, la loro è soltanto una contro testimonianza penosa. Che danneggia perfino i destinatari di un servizio apparentemente così generoso. Ce n’è abbastanza perché la ripetizione rituale della lavanda dei piedi che, tra la commozione generale, celebreremo la sera del giovedì santo, ci metta nell’animo una voglia struggente di servizio, di accoglienza, e di pace.
Verso tutti. A partire dai più vicini. E ci mandi in crisi, più che mandarci in estasi. Perché, visto che siamo così lenti a convertirci, quella brocca è esposta al sacrilegio non meno della stessa eucaristia». (
don Tonino Bello, 19 marzo 1989).

VENERDÌ SANTO IN PASSIONE DOMINI

Il giorno santo della morte del Signore

Il Venerdì Santo si ricorda la crocifissione, morte e reposizione di Gesù. Per i cattolici questo è giorno di penitenza, di digiuno e di astinenza. Le celebrazioni liturgiche prevedono la liturgia della parola, l’adorazione della croce e la santa comunione; si svolge infine la Via Crucis. Unico elemento rituale in questo giorno è la croce. Il Venerdì Santo è il giorno della morte gloriosa del Cristo; gloriosa perché destinata all'esaltazione di Chi, sulla croce, è morto per ognuno di noi; gloriosa perché la morte non avrà l’ultima parola, la vita prevarrà su di essa.

Meditazione Venerdì di Passione! Ecco un altro spunto di riflessione di don Tonino Bello: «Coraggio! La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “Collocazione provvisoria”. Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce. C'è una frase immensa che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo: "Da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra". Forse è la frase più scura della Bibbia. Per me è una delle più luminose. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota! Al di fuori di quell'orario, c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio. Coraggio allora, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. C'è anche per te una pietà sovrumana».

SABATO SANTO

E' il riposo di Cristo nella tomba

Il Sabato Santo è un giorno “a-liturgico“, cioè privo di liturgie. Non si celebra messa, se non alla sera per la veglia pasquale. È il giorno del silenzio e della meditazione: si riflette sul mistero della permanenza del Signore nella tomba. ed è anche momento di attesa piena di speranza del giorno della vittoria di Cristo sulla morte.

Meditazione poche ore ci separano dal momento in cui potremo gioire della Resurrezione di Gesù;
di Colui che è NOSTRO DIO perché generato della stessa sostanza del Padre;
che è FIGLIO DI DIO e come tale ci indica la strada che conduce al Padre non più nella condizione di servi ma di figli;
che è il SALVATORE perché con la Sua resurrezione, ha sconfitto definitivamente la morte e ha donato anche a noi l’eternità.
L’augurio è che questa Pasqua possa far risorge nel cuore di ognuno di noi la consapevolezza dei meravigliosi doni ricevuti e dell’amore infinito di Dio.

VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA

“La madre di tutte le Veglie“.

Così Sant’Agostino definiva la solenne celebrazione più importante dell’anno liturgico, quella della Resurrezione del Signore.

vegliaLa veglia pasquale, celebrata la sera del Sabato Santo, ha quattro momenti liturgici particolari:

la celebrazione della luce, con la benedizione del fuoco, la benedizione del cero, la processione con il cero pasquale, l’annuncio della Pasqua;

la liturgia della Parola, con la proclamazione di nove letture bibliche, sette dall’Antico Testamento che rievocano la storia della salvezza e due dal Nuovo Testamento;

la liturgia battesimale, con le litanie dei santi, la benedizione dell’acqua, la celebrazione dei battesimi, il rinnovo delle promesse battesimali;

la liturgia eucaristica.

PASQUA IN RESURRECTIONE DOMINI

Il sepolcro vuoto

La lettura del Vangelo per la Messa nel giorno di Pasqua è tratta da Giovanni e fa riferimento al sepolcro vuoto. Cristo è risorto! Alleluia!

 


[1] TRIDUO à tre dies: tre momenti della salvezza operata da Cristo.

La Pasquetta è festa religiosa

Quella che comunemente è definita “Pasquetta” è una festività religiosa: è il Lunedì dell’Angelo ed ha le sue radici nel passo biblico che ricorda il giorno seguente alla crocifissione di Cristo, quanto le donne si recarono al sepolcro trovandolo vuoto: «Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa.[…]L’angelo disse alle donne: “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”» (Mc 16,1-8). Il vero giorno dell’Angelo è, dunque, la domenica di Pasqua ma tradizionalmente si è deciso di prolungare i festeggiamenti spostando la ricorrenza il lunedì.

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