Il rito dell’imposizione delle ceneri[1] ci ricorda il destino mortale che accomuna tutti gli uomini. “Polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Genesi 3,19): questa era la formula con la quale, durante la funzione religiosa delle ceneri, il sacerdote ricordava ai fedeli la caducità della vita. Il versetto di Genesi ha un forte richiamo ai primi versetti del Qohelet: è martellante l’appello ad abbandonare tutte le cose inconsistenti che svaniranno «come la nebbiolina dell’alba dissolta dal sole o come una nuvoletta spazzata via dal vento» (G. Ravasi). E il libro conclude con l'esortazione a ricordarsi sempre del Creatore, in ogni momento della vita, soprattutto nella giovinezza … prima che la polvere torni alla terra com’era prima, e lo spirito torni a Dio che l’ha dato (Eccl. 12,7). L’antica formula che il sacerdote recitava durante la funzione del mercoledì d’inizio Quaresima, strettamente legata al gesto di cospargere la ceneri sul capo dei fedeli, è stata sostituita dalla formula "Convertitevi, e credete al Vangelo"(Mc 1,15) che esprime meglio il senso e il valore della Quaresima. La modifica della frase è successiva alla riforma liturgica, voluta dal Concilio Vaticano II.
Ma le ceneri hanno anche altri significati teologici; sono segno della debolezza e fragilità dell’uomo, ma rappresentano anche il pentimento del cristiano che s’impegna ad una conversione seria, attraverso il digiuno e la penitenza.
Il digiuno della Quaresima può avere anche una forte valenza simbolica. In una società che fa del benessere il proprio status, è piuttosto riduttivo pensare al digiuno solo come un'astensione dal cibo e per un periodo estremamente limitato dell'anno; penso piuttosto che il digiuno "simbolico" debba farci vivere nello e con lo spirito di povertà; debba essere digiuno dal superfluo e dall'opulenza che ci subissa e ci mortifica.
Questa semplice pratica dovrebbe servire per farci amare e apprezzare le cose belle e piccole: le nostre piccole cose di fronte alla grandiosità dell'opera di Dio.
Un buon cristiano non può vivere il digiuno “farisaicamente”, ostentando quasi la propria bontà o sensibilità nei confronti dei fratelli bisognosi. E, soprattutto, non può né deve viverlo solo in Quaresima. Prendere le distanze dal superfluo deve significare anche apertura agli altri 365 giorni l’anno. E digiunare non deve diventare l’occasione per fare una dieta o per risparmiare sulla spesa, il senso deve essere invece quello di rinunciare a qualcosa (che è pur sempre un superfluo) per fare più spazio a Dio e al prossimo.
Origine
Il rito della benedizione e dell’imposizione delle Ceneri risale al x secolo. La sua origine è da ricercare nell'antica prassi penitenziale che imponeva una confessione pubblica e un cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì Santo. Il passaggio dalla confessione pubblica a quella privata e dalla frequenza con cui anche ora è possibile accostarsi al sacramento della riconciliazione, comportò anche l’estensione del rito a tutti i fedeli per richiamare alla memoria il comune destino mortale causato dal peccato originale
[1] Le ceneri sono ricavate bruciando i ramoscelli d’ulivo distribuiti la Domenica delle Palme dell’anno precedente.