Giuseppe Cannarella, conobbe suor Chiara Di Mauro nel periodo della sua vedovanza e ne divenne suo confessore nel periodo in cui fu proibito al can. Sebastiano Uccello di recarsi presso di lei. La direzione spirituale assegnata al can. Cannarella fu imposta su indicazione del vicario e contro la volontà della religiosa che ebbe sempre molte difficoltà a confessarsi con lui. Cannarella comprese subito che a suor Chiara era stata cambiata la direzione spirituale «più per opprimere lo spirito di lei che per altro».
A distanza di tre anni dagli eventi che lo videro parte attiva nella vita della suora, il 22 luglio 1932, in una lettera indirizzata a p. Samuele Cultrera, mons. Cannarella scrisse:
«Suor Chiara di Gesù Agonizzante (al secolo Adelaide Di Mauro), quando fu costretta a lasciare il monastero delle Clarisse di Messina e fece ritorno a Siracusa, subì una vera persecuzione da parte del mons. Giovanni Musumeci, nativo di San Giovanni di Giarre, in quel tempo Vicario generale dell’arcidiocesi. Il canonico Sebastiano Uccello, che era il direttore spirituale di suor Chiara, mentre era a tavola con l’Arcivescovo Giacomo Carabelli, di cui era segretario, e col suddetto Vicario Musumeci, narrò i doni soprannaturali, di cui Dio favoriva la religiosa. Mons. Musumeci, con un sorriso di scetticismo, disse subito che erano tutte imposture. Mons. Musumeci non si intendeva di materie ascetiche e mistiche ed era poco versato negli studi sacri, perché impolpato di pratiche legali e amministrative. Mons. Carabelli che si trovava tra i due, di parere opposto, rimaneva incerto, perché anche lui, ancor giovane e dedito principalmente alla ricostruzione dei sacri edifici, non aveva tempo di esaminare a fondo il caso. Protraendosi però e acuendosi il dissenso tra il Vicario, che era tenace nelle sue determinazioni e sembrava anche astioso, l’Arcivescovo trasferì il can. Uccello in Seminario con gli uffici di direttore spirituale e professore di filosofia e consigliò a suor Chiara di venire a confessarsi da me, ciò che essa fece per circa sei mesi. Mons. Musumeci non cessò tuttavia di strapazzare suor Chiara e le impose di smettere l’abito di Clarissa. [….]».