Prima di fare il suo ingresso nel monastero di clausura, suor Chiara alternò periodi di residenza a Messina e ritorni provvisori a Siracusa. In uno dei periodi in cui fece ritorno nella sua città natale ricevette ricovero presso l’ospizio di mendicità adiacente la chiesa dei padri Cappuccini.
In quel periodo conobbe la giovane siracusana Carmelina D’Amico, cieca dall’età di undici anni in seguito ad una grave forma di meningite. La ragazza, che ebbe modo di conoscere e apprezzare le virtù della religiosa, un giorno, avuta notizia che suor Chiara si trovava in estasi presso la balaustra dell’altare, le si gettò ai piedi supplicandola di intercedere per lei affinché ottenesse da Dio la vista. «Suor Chiara, sempre estatica, disse a suor Girolama Occhipinti, che le stava accanto, di mettere negli occhi spenti di Carmelina alcune gocce dell’acqua del vasetto purificatoio, che si trovava sull’altare e che era servito per l’abluzione delle dita al sacerdote che amministrava la santa Comunione, fuori della messa. Carmelina, avute quelle gocce d’acqua, acquistò per alcuni istanti la vista e poté contemplare l’altare coi candelieri e gli altri ornamenti, esclamando: “oh com’è bello”; ma, immediatamente, tornò nel buio. Si prostrò di nuovo dinanzi all’estatica veggente, con accenti di desolazione e piangendo. Suor Chiara le disse: “Gesù non vuole accontentarti perché con la vista tu l’offenderesti; rassegnati alla sua volontà e prega con fervore”».
Carmelina chiese allora di essere liberata da un altro male fastidioso che le procurava tanta sofferenza e per il quale si rendeva necessario un intervento chirurgico. Questa grazia le fu concessa e di quel male la ragazza non soffrì più.