Guarigione miracolosa in casa Minardi
La domestica, andata a riaccendere la lampada, si accorse che la fotografia dava sangue vivo da una delle mani, sangue che scorreva e bagnava non solo la fotografia stessa, ma anche un libro di devozione sul quale diritta era posata.
«Il 25 dicembre 1945 mia sorella Giovanna ebbe un forte attacco influenzale, preceduto da intenso freddo, che degenerò subito in tifo. Dopo trenta giorni di febbri altissime, l’inferma invocò l’aiuto di Suor Chiara Di Mauro da Siracusa, affinché la liberasse da quella febbre forte e persistente. Difatti iniziammo subito un triduo a questa serva di Dio, incominciando il mercoledì, giorno 23. Si era intanto al mattino del 25 gennaio 1946, di venerdì, e precisamente alle ore 5.45. nello stesso momento la nostra domestica, Aprile Carmela, allora signorina, vide in sogno Suor Chiara, che l’assicurò che la febbre sarebbe scesa a 36,2. Realmente appena si svegliò, applicato il termometro segnava davvero 36,2. Il miracolo vero e proprio però doveva avvenire il giorno dopo., sabato 26, alle ore 6,30. Ed ecco come si svolse il fatto. Qualche ora prima, avendo io appreso dalla suddetta domestica che l’ammalata si sentiva malissimo e poteva appena profferire qualche parola, io, che allora mi trovavo un po’ male perché un’infezione mi aveva obbligato da due giorni a stare a letto con febbre alta, appena mi si fece cenno della gravità della sorella, vidi salire il termometro della mia febbre a 40 gradi. Era la preoccupazione della terribile situazione che mi aveva dato un colpo tremendo. Eravamo soli, privi di fiale per farle sostenere il cuore, né d’altra parte esistevano a Modica farmacie notturne, alle quali in quell’estremo caso far ricorso, e ci affidammo a Suor Chiara, pregandola con tutte le forze del cuore affranto. Intanto l’inferma si era accorta che la lampada accesa e collocata davanti la fotografia di Suor Clara si era spenta e fece segno alla domestica di riaccenderla. Questa fotografia fu presa nella camera ardente sul corpo della Serva di Dio distesa sul lettuccio.Oh prodigio veramente strepitoso! Suor Chiara si manifestò subito. La domestica, andata a riaccendere la lampada, si accorse che la fotografia dava sangue vivo da una delle mani, sangue che scorreva e bagnava non solo la fotografia stessa, ma anche un libro di devozione sul quale diritta era posata.
La domestica cominciò a gridare al miracolo. In preda ad un sacro terrore venne a presentarla a me che ero a letto, e intanto il sangue fluiva ancora e restai confuso e quasi stordito. Mi vennero le lacrime agli occhi, balzai dal letto, dimenticando la febbre, e pregai, pregai. Allora intinsi il mio indice in una goccia di quel sangue e lo passai alla fronte mia e della domestica, facendo un piccolo segno di croce. In quello stesso momento un profumo di paradiso si diffuse nelle due stanze, dov’era l’ammalata e in quella mia, profumo che restò per qualche tempo, e si sentiva maggiormente accostando al naso la fotografia imbevuta del sangue e di un po’ di cotone che avevo fatto mettere alla base della fotografia, per timore che il sangue gocciolasse per terra. Allora feci rimettere la fotografia al suo posto e il cotone in una scatola, cotone intinto di sangue, che fino ad oggi manda un profumo speciale.
Il miracolo fece in un baleno il giro delle famiglie, ed incominciò un pellegrinaggio in casa, perché tutti volevano sentire il fatto, vedere la fotografia ed odorare quel profumo.
L’inferma, che gridò, pure al miracolo e voleva alzarsi, ne venne impedita dalla domestica, la quale temeva che dopo un mese di febbri altissime e dieta rigorosa, non cascasse per terra. Ma quella, appena la domestica si allontanò, volle alzarsi per ringraziare Suor Chiara, e poi l’indomani, domenica 27 gennaio, volle andare a Messa nella vicina chiesa di S. Siro, rifiutando il braccio della domestica e salendo i gradini della chiesa e poi, al ritorno, quelli della casa, con facilità, come nulla avesse avuto, non provando nessuna stanchezza, per cui la gente ne era meravigliata.»[1].
Si aggiunge anche la dichiarazione del sacerdote che, quella sera, era stato chiamato per impartire l'ultima confessione alla malata
«Il sottoscritto sac. Giuseppe Cavallo, vicario cooperatore in S. Giovanni Ev. dichiara che il giorno 26 gennaio corrente anno alle ore 6,30 in casa del Rev.mo can. Michele Minardo, ha confessato la di lui sorella. Ha constatato che la sorella del suddetto canonico al momento della confessione è stata così perfetta di salute da sembrare che non fosse stata ammalata. Dopo la confessione della sorella, il canonico in quel giorno anch’egli a letto per una infezione, mi ha mostrato una cartolina di Suor Chiara. Al posto corrispondente alla mano sinistra della suddetta Suor Chiara ho osservato una macchia di sangue ancora non del tutto coagulato. Il suddetto sangue emanava un profumo»[2].
Il sac. Minardi, in una lettera indirizzata a p. Cultrera, affermò:
«[…] il rev.mo don Giuseppe Cavallo venne da noi chiamato con urgenza perché giudicammo che mia sorella stesse per morire. Difatti fu lei che con voce fioca domandò di confessarsi e noi ci affrettammo a chiamarlo. Nel tempo che lui impiegò a venire, successe il miracolo e così la trovò senza febbre e guarita».