Estasi e Ubbidienza
Fin dalla sua infanzia Adelaide mostrò un carattere mite e ubbidiente. Molti sono gli episodi citati nei vari testi dedicati alla suora in cui si evince la sua indole docile e arrendevole. Il suo stesso matrimonio fu un atto di assoluta ubbidienza verso i genitori che così avevano scelto per lei. Ciò che maggiormente stupisce è, però, la sua remissività anche durante le estasi: bastava che le si ordinasse, in segno d’ubbidienza, di svegliarsi, e subito ella tornava in sé. Il medico che la ebbe in cura a tal proposito, si e spresse in questi termini: «La crisi dell’estasi non viene interrotta coi comuni richiami; però ho avuto occasione di osservare che, richiamata all’obbedienza dal Rev.mo Vicario, istantaneamente è tornata in sè». A volte si rendeva necessaria la presenza del suo direttore spirituale per risvegliarla; una volta, per esempio, come spesso le accadeva, entrò in estasi mentre si trovava in chiesa e vi rimase tutto i giorno; vani furono i tentativi della superiora, madre Celestina Mazzei, di risvegliarla; «La Superiora che negli altri giorni era riuscita a richiamarla ai sensi per delegazione avuta dal Confessore, che era anche il loro, questa volta non ottenne di farla uscire dalla estasi per quanto facessero essa e le altre Suore. Rimase in chiesa tutto il giorno e la notte seguente fino al mattino quando, chiamato per telefono il Confessore, [...] la richiamò subito ai sensi. Essa si risvegliò da quel sonno celeste meravigliandosi di trovarsi là»[1]. Alcuni giorni dopo avvenne un episodio ancor più singolare: «Durante un colloquio con l’Arcivescovo in Arcivescovado per domandare l’autorizzazione di fondare il monastero, [...] andò in estasi e né lui né il Vicario chiamato appositamente riuscirono a richiamarla ai sensi, benché quest’ultimo durante il periodo degli esperimenti alle stigmate, fosse riuscito qualche volta di interrompere la di lei estasi. Fu necessario chiamare il di lei confessore cioè il Segretario dell’Arcivescovo, il quale richiamandola subito ai sensi, la condusse fuori per dar la possibilità che si continuassero le udienze dell’Arcivescovo»[2].
Altre esperienze singolari sono raccolte nel diario di suor Diletta, scritto nel periodo in cui suor Chiara fu tenuta sotto stretta osservazione per valutare l’attendibilità delle stimmate; suor Diletta scrive: «La trovai [riferito a suor Chiara] nella cappella in ginocchio con le mani incrociate nel petto e gli occhi fissi alla Madonna rapita dai sensi. L’ho messa a sedere. Chiamai M. Vicario che venne poco dopo. La guarda per un pezzo, mi ci ha fatto mettere proprio davanti agli occhi per impedirle di guardare la Madonna, non si muove ancora, l’ho chiamata, l’ho urtata, non si muove nemmeno, le ho spruzzato acqua nelle mani e non si muove, gliel’ho spruzzata nella faccia due volte e non si muove, solo un lieve movimento con gli occhi; la chiama il Rev.mo Vicario, la urta un poco e non si muove nemmeno. Finalmente col pensiero ho detto per ubbidienza e con la parola (ritorni in se) ed ecco che subito si svegliò»[3].
In un altro momento, si verificò un fenomeno estatico analogo: «Facevamo la lettura, quando la vediamo alzare subito e si allontana da noi: se ne va in un angolo del giardino, sotto una pianta di gelsomino. Mi ci avvicino io e la chiamo, è quasi fuori di se, non mi da conto. Le presi una sedia e si è messa a sedere. Immediatamente la chiamai, la urtai, inutile: era completamente rapita dai sensi. Sembrava troppo bella a vederla estatica sotto una pianta di gelsomino e circondata di fiori. In questa posizione passò un’ora e mezza e dopo si avvicina a noi come se niente fosse stato»[4].
L’esperienza mistico-estatica mette l’uomo a contatto con il divino, lo spirito in qualche modo si nutre della sua visione; suor Chiara, evidentemente, aveva assunto un’espressione di bellezza interiore che si traduceva nella bellezza dei suoi tratti. Suor Diletta dovette intuire tutto questo quando preferì lasciare la sua consorella tranquilla a godere delle sue visioni attendendo che si risvegliasse da sola.
[1] Vita di Suor Chiara di Gesù Agonizzante del Can. Sebastiano Uccello, 12 marzo 1954, in ASPCS, Fondo Suor Clara Di Mauro, f. 50. Il dattiloscritto, non inserito in alcun volume, contiene, nella prima pagina, una nota di p. Samuele Cultrera in cui si precisa che l’originale manoscritto è conservato nel vol. 1 (volume assente nella collezione).
[2] Idem, f. 51.
[3] Dal diario di suor Diletta,1 giugno 1930, [s.n.].
[4] Ibidem, 13 giugno 1930, [s.n.].